
Domenica 30 aprile ho concluso a Rimini la mia seconda* Maratona, a distanza di quasi cinque mesi dalla prima. Preparare correttamente una sfida fisica e mentale che dura più di 42 km è impegnativo per molte ragioni: hai bisogno di motivazione costante, ti serve tempo e una strategia che funzioni. Oltre a un sacco di altre cose.
(*Aggiornamento – Luglio 2018: le Maratone che ho completato sono diventate quattro e sono ancora più convinto del valore dei concetti che troverai qui. Continua a leggere!)
Le analogie con altre sfide della vita, dal business allo sport e con il mondo del coaching di cui mi occupo da oltre un decennio sono evidenti fin da subito. Una Maratona non è solo correre 42.195 metri: è anche prepararsi scrupolosamente per mesi, allenarsi duramente cinque o più volte a settimana, alimentarsi con intelligenza accettando diverse rinunce, fare spesso i conti con se stessi e la propria psicologia. Bisogna dare priorità al progetto e porlo prima di molto altro che si ritiene importante. Per un atleta questo è il pane quotidiano, ma per la maggior parte di noi – che viviamo esperienze di vita e lavorative comuni – l’idea di correre così a lungo incastrando l’attività fisica nella nostra quotidianità è senza dubbio sfidante.
Nei sette mesi totali e durante i 1.500 km di cui ho avuto bisogno per preparare le mie due Maratone (sì, lo so che non è un nome proprio, ma continuerò a scrivere questa parola in Maiuscolo come forse hai già notato per il rispetto che le porto, d’altra parte parliamo o no della Regina?) ho avuto modo di riflettere a lungo e di unire qualche puntino nella mia personale esperienza di uomo, di padre e anche di professionista della preparazione mentale e del coaching, non solo nello sport. Mi fa piacere condividere oggi con te i più importanti insegnamenti che ne ho tratto e mi auguro di poterti essere utile.
1. La risorsa più importante è l’adattamento
A metà agosto dello scorso anno mi sono iscritto alla prima Maratona della mia vita. Quando ho completato la procedura, mi sono detto: OK, è ufficiale. Adesso si fa sul serio. Questo perché correre una Maratona è stato uno dei miei pensieri per anni, ma solo dopo avere avuto una data certa e un certificato di iscrizione in mano ho realizzato che stava iniziando ad accadere davvero (rifletti, se vuoi, su quali analogie ci sono tra ciò e i tuoi obiettivi). Ricordo che uno dei primi pensieri è stato: Devo organizzarmi e mi serve un programma. Così, ho creato un calendario per gli allenamenti, ho verificato che le date di ogni uscita fossero compatibili con gli altri impegni e mi sono procurato una tabella che preparasse il mio corpo alla gara. Più passava il tempo più mi sembrava giusto affidarmi ai numeri: durante le settimane di allenamento, ci sono alcuni checkpoint dove ti sottoponi a test fisici per verificare come stai lavorando, se va tutto bene e che cosa devi migliorare ancora. Giorno dopo giorno, i chilometri percorsi, i battiti del mio cuore, il passo che riuscivo a tenere correndo diventavano pilastri sempre più solidi sui quali basare la mia convinzione di poter correre un’intera Maratona in un tempo prestabilito. Nella mia testa c’era un pensiero fisso: niente casualità, grazie. Non volevo che alcun fattore esterno e fuori dal mio controllo potesse frapporsi tra me e il mio obiettivo. Mi piaceva l’idea che l’esito della sfida fosse nelle mie mani.
Pensaci: a chi non piace che sia così? Chi non amerebbe avviare un business avendo la certezza di centrare un utile? Chi non vorrebbe sapere fin da ora che avrà accanto a sé la persona che ama per sempre? Viceversa, chi potrebbe mai amare il caso nella vita e dormire sereno se ogni risultato dipendesse dalla fortuna? Dubito che piacerebbe a qualcuno (di certo non sarebbe piaciuto a me).
Ho tenuto quindi tutto sotto controllo: pesavo il cibo che mangiavo e lo sceglievo con cura, seguivo scrupolosamente la mia tabella di allenamento con i suoi orari e i suoi vincoli. Non ho sbagliato niente.
Poi, due giorni prima di partire per Reggio Emilia che era sede della mia prima Maratona, mia figlia di tre anni si sveglia con due piccole macchie sul corpo. Mezz’ora dopo le macchie sono decine, ha la febbre. Un’ora più tardi sappiamo che si tratta di varicella. Ovvio, non è un dramma, ma questo evento del tutto imprevedibile e non evitabile mi ha costretto a variare ogni programma: il viaggio, la compagnia di mia moglie che mi avrebbe seguito, un paio di notti quasi insonni, le prenotazioni in hotel. Oltre a modificare radicalmente il film degli eventi che avevo proiettato decine di volte nella mia testa, ostinatamente convinto che le cose sarebbero andare proprio così. Non sono andate così, come vedi, e ciò mi ha distratto: era una situazione inaspettata che andava gestita. Ne avrei fatto a meno con piacere. La classica rottura che ti fa pensare: proprio adesso?! Eppure, quelli erano i fatti e con quelli mi sono confrontato, sistemando le cose nel modo migliore. Semplicemente, non avrei potuto fare diversamente a meno di non sprecare inutili energie nervose in stati d’animo non produttivi. La prima Maratona è andata piuttosto bene, così ho decido di riprovarci.
Ogni maratoneta sa che la settimana che precede la gara è vitale per la sua buona riuscita. Il riposo è fondamentale, l’alimentazione ancora di più. Si corre poco, si immagazzinano energie, ci si rilassa e ci si prende cura di sé in modo particolare. Così ho vissuto i giorni che hanno preceduto la Maratona di Rimini, la mia seconda avventura sulla distanza regina. Il giorno prima di partire, questa volta con mia moglie e mia figlia in gran forma, un guasto ferma l’ascensore che conduce al nostro appartamento, al terzo piano. Quarto se consideriamo i box. Così, dal venerdì che precede la gara, salgo e scendo decine di volte quattro piani di scale, con le valigie per la trasferta, a volte mia figlia in braccio, le borse della spesa, il passeggino, la sua bicicletta. Ti sembrerà cosa da poco, ma non lo è: sono centinaia di gradini saliti con pesi addosso che andavano sicuramente evitati, a poco più di 24 ore dalla partenza. Il sabato prima della Maratona, ho male alle gambe come dopo una sessione di squat in palestra. Ma cosa vuoi farci? L’ascensore sarebbe stato comunque non funzionante se anche la mia volontà fosse stata diversa (e lo era). E non potevo certo restare chiuso in casa. Ancora una volta, mentre nella mia testa l’idea era quella di riposarmi nel migliore dei modi ed evitare qualsiasi impegno fisico, gli eventi hanno deciso per me. Si fa così e basta.
Che cosa ho imparato da tutto questo? Ho imparato che conta di più sapersi adattare alle condizioni esterne che fare di tutto per modellarle. Ciò non significa che tu non debba tentare di creare l’ambiente ideale per te, ma non dimenticarti di allenare la tua flessibilità. Ci sono cose che accadono e basta, che tu lo voglia o no. Shit happens, direbbe qualcuno. Accettalo, è così, non sprecare energie contro i mulini a vento.
Vale nello sport, ma anche nella vita quotidiana e nel tuo business. Accettare e convivere con l’idea di non poter controllare ogni aspetto delle situazioni è segno di forza mentale e va imparato il più in fretta possibile. L’abilità più importante è l’adattamento.
2. Le crisi esistono. E si superano.
Non puoi arrivare pronto a una Maratona se non affronti alcuni lunghi. Per chi non lo sapesse, si tratta di allenamenti in cui corri a passo di poco superiore a quello che terrai durante la gara per una distanza simile a quella della gara stessa. Nel mio caso, ho corso diverse volte 30 km e un paio di volte 36 km, per ognuna delle due Maratone che ho preparato. Ciò serve ad abituare il tuo corpo a gestire le energie e la tua mente ad affrontare le crisi. Già, perché è illusorio pensare che non arrivino momenti in cui, semplicemente, non ce la fai più. Sei davanti al famoso muro sul quale si sono infranti i sogni di tanti maratoneti, il momento in cui metabolicamente il tuo corpo non ha più carburante da utilizzare e deve cambiare strategia se vuole proseguire. Non è piacevole, non è bello, ma succede. Anzi, l’obiettivo dei lunghi è proprio far sì che accada mentre ti alleni e non mentre sei in gara. Così impari a gestire la situazione, prendi confidenza con uno stato fisico e mentale che non hai mai sperimentato in precedenza. A un certo punto non riesci più a correre come vorresti, devi necessariamente rallentare e, se non tieni botta con la testa, ti fermerai.
Ecco: non ti fermare. Le crisi passano.
Anche quando ti sembra di essere ben oltre il tuo limite di sopportazione, continuare è pur sempre una tua decisione. Se continui, poiché tutto si modifica sempre in questo universo, anche la tua crisi passerà. Non è detto che accada in fretta, ma accade, ci puoi giurare. Vai avanti. Arriverà il momento in cui il tuo corpo imparerà a bruciare altro carburante che credeva lui per primo di non avere a disposizione. Riprenderai a correre più veloce, magari non al ritmo che tenevi prima, ma meglio di quanto facessi quando eri in crisi.
Solo che, se molli, quel momento non arriva mai. E questa è una certezza!
Durante gli allenamenti più lunghi ho imparato ad accettare che le crisi facciano parte del gioco. Sapere che arriveranno e che si possono gestire è un punto di forza. Non bisogna sprecare tempo e risorse cercando evitarle, ma si deve impiegare quelle energie per prepararsi a gestirle quando si manifesteranno. Ora, è facile scriverlo quando sei comodamente seduto davanti al tuo computer con la pancia piena, idratato e in camicia, un po’ meno facile è razionalizzare così tanto quando sei cotto di fatica e hai 36 km di corsa alle spalle. Ma devi farlo ugualmente: ogni crisi passa, finisce.
Questo vale quando ti alleni e vale in generale anche nel resto della tua vita. E’ valido nelle tue relazioni, è valido nel tuo lavoro, è valido nelle tue finanze, è valido nella tua identità. Quando tieni duro superi ogni difficoltà. E’ proprio vero che pain is temporary, quitting lasts forever. (*la sofferenza è momentanea, arrendersi è per sempre.)
Lo vuoi scritto in altre parole? Non. Si. Molla. Mai…
3. Non ci sono risultati casuali se la sfida dura abbastanza
Nella vita, nello sport e nel business esistono risultati ottenuti oltre i nostri meriti. Ciò che intendo è che può capitarti di overperformare, cioè ottenere più di quanto hai seminato. Può anche capitarti il contrario, succede di raccogliere meno di quanto si meriti o ci si aspetti. Il punto è che tutto ciò accade solo nel breve periodo.
La Maratona mi ha insegnato che non esiste risultato casuale se la corsa è abbastanza lunga. Se ti prepari per arrivare al traguardo in tre ore, non ci arriverai in due e mezza. E neanche in quattro ore. Potrebbe capitarti di correre facilmente alcuni chilometri più veloce del ritmo che hai impostato, oppure di essere per un certo periodo un po’ più lento, ma la Maratona è una gara lunga e il perdurare nel tempo allinea i risultati. E’ più facile realizzare un exploit nei 100 metri piuttosto che nei 42 km. Più una sfida dura nel tempo, più il risultato assomiglia a ciò che hai programmato e al lavoro che hai portato avanti per generarlo. Se poi allarghi l’orizzonte, tutto questo diventa ancora più vero: prepara dieci Maratone da correre in tre ore, quando hai finito fai la media dei tempi e vedrai che ci sarai andato molto vicino. Tra queste dieci, forse una l’avrai corsa in due ore e cinquanta perché quel giorno ti sentivi super, forse un’altra in tre ore e dieci perché alla partenza avevi un dolorino alla coscia o avevi dormito male. Ma sul lungo periodo, non c’è storia: si ottiene ciò che si semina.
Questo vale anche nel resto della nostra vita. Tutti attraversiamo momenti in cui raccogliamo più delle nostre aspettative e tutti viviamo situazioni in cui ci sembra che una forza esterna e misteriosa ce l’abbia con noi. Se non vuoi incasinarti la testa evita di giudicare la tua vita su un periodo breve e allarga in tuoi orizzonti. Pensa agli ultimi dieci o vent’anni. Nota come le tue scelte hanno plasmato il tuo percorso. Fai attenzione ai momenti chiave del tuo passato e prenditene la responsabilità. Non sei qui per caso, non ci sono attorno a te proprio queste persone per caso, non possiedi il tuo denaro per caso, non svolgi questo lavoro per caso, le tue relazioni non sono così per caso, il tuo corpo non è com’è per caso.
La tua vita è così perché tu hai fatto in modo che fosse così. E il tuo futuro sarà come sarà sulla base delle decisioni che assumi e che porti avanti da adesso in poi. I fattori esterni esistono e contano, ma non determinano.
4. La nostra evoluzione migliore è sfidare noi stessi
Correre una Maratona non serve a niente. Sì, te lo dico pochi giorni dopo avere tagliato il traguardo e non sono impazzito: lo penso davvero, l’ho sempre pensato.
Non ci guadagni nulla, fai una gran fatica, togli tempo al lavoro e alla famiglia e se vuoi saperlo è anche costoso, tra abbigliamento, scarpe, viaggi e iscrizioni alle gare. Farlo non è razionalmente intelligente, non ha un gran senso. Non è forse così?
Eppure, ci sono centinaia di migliaia di persone nel mondo che in questo momento ne stanno preparando o correndo una.
Perché?
Questa domanda è rimbalzata per ore nella mia testa durante i lunghi allenamenti, soprattutto in quelli in cui facevo più fatica. Che cosa muove realmente la nostra volontà? Che cosa ci porta a tenere fede a un impegno preso con noi stessi?
Credo che la risposta sia nel bisogno innato che è in ognuno di noi di evolvere, di cambiare verso un miglioramento profondo. Dentro ciascun essere umano c’è una forza nascosta che lo porta a migliorarsi. E’ un’energia antica e genetica che da sempre esiste dentro di noi. La mente razionale, il linguaggio, il ragionamento – che naturalmente sono fondamentali – hanno anche il potere di mettere a tacere questa spinta evolutiva. La quale però, di tanto in tanto, riesce ancora a far sentire la sua voce, che ci arriva sotto forma di un’idea, un’intuizione. Per alcuni è qualche forma d’arte, per altri è lo studio o la scrittura o la musica… oppure il creare e far prosperare un business. Per altri ancora la sua manifestazione è nelle fatica fisica, nell’impegno del proprio corpo portato verso la realizzazione di un’impresa.
Il modo migliore che abbiamo per evolvere è sfidare noi stessi in una qualche attività che ci porti a esprimerci solo dopo esserci confrontati con ciò che abbiamo dentro, con le nostre paure, le aspettative, le convinzioni inconsce, i programmi che guidano pensieri e comportamenti.
Cercati sfide toste in ciò che fai e affrontale come una prova: è la tua occasione per diventare migliore. E’ bello e qualche volta necessario stare comodi, prendere pochi rischi e godersi la calma delle situazioni stabili, ma lì dentro non si cresce. Si cresce solo mettendosi in qualche guaio e poi cambiando se stessi in meglio per uscirne fuori. Non aspettare che lo faccia la vita per te! Crea proattivamente condizioni sfidanti, mettiti in gioco e migliorati. Così, puoi scegliere su quale terreno giocare. Io ho scelto la Maratona perché mi piace correre, ma ci sono tanti altri modi per farlo.
5. Nessuno vince da solo: ti serve una squadra
La corsa è uno sport piuttosto solitario e solitario sono io quando corro. Non porto con me musica, non vado in gruppo agli allenamenti, faccio tutto senza compagnia. Durante le gare scambio poche battute con i corridori, mentre noto che altri viaggiano in gruppo, si confortano e si aiutano a vicenda. Ho la preferenza di stare per conto mio e gestire in autonomia la situazione. E’ curioso che sia il contrario di ciò che generalmente faccio nella vita quotidiana, dove chi mi conosce sa anche della mia facilità di comunicazione. Tuttavia, una Maratona non si identifica solo con se stessa: è preceduta da lunghe settimane di allenamenti. Ho capito e imparato una volta di più che tutto è più facile se il tuo ambiente ti supporta, cioè se le persone attorno a te non creano resistenze verso ciò che fai o – ancora meglio – creano le condizioni perché tu non debba pensare a nulla se non a correre. In questo ha rivestito un ruolo importante mia moglie, che ha accettato il fatto che mi prendessi parecchio tempo per allenarmi senza mai protestare per le mie assenze, anche quando cadevano nei weekend. La mia famiglia è il primo dei miei team e riflettendoci pensavo al fatto che da soli non si vince: ti serve esprimerti in un ambiente favorevole che ti sia di supporto, così che tutte le tue energie possano andare a occuparsi di ciò che ti serve per arrivare all’obiettivo.
E’ facile leggere in questa considerazione ciò che è ovvio nello sport: il vincitore non esiste se non dentro un gruppo che lo aiuta a vincere. Meno facile, ma comunque vero, è allargare l’orizzonte agli altri obiettivi, ma si deve riflettere sull’importanza di un ambiente sereno, allineato e che non rappresenti un ostacolo prima ancora di mettersi in gioco. Circondati di persone che credono in quello che fai e condividono la tua visione del futuro e sarà tutto più facile.
A proposito, Barbara: grazie.
6. Se dai tutto stai bene comunque, anche se non vinci
La prima Maratona ha un gusto particolare, è una situazione nuova che ancora non conosci. Non puoi avere certezza di riuscire a correrla tutta e anche se lo fai ciò che provi al traguardo rimane una sorpresa. La seconda ha chiaramente una valenza emotiva diversa, personalmente l’ho vissuta con più distacco e meno aspettative, spostando l’obiettivo dall’arrivare in fondo ai 42 km al migliorare il tempo ottenuto. Quindi, ho preparato la Maratona di Rimini ritoccando il passo da tenere negli allenamenti e nella gara. Ne è risultata una preparazione molto più dura, così faticosa che spesso ho pensato questa è l’ultima volta. Ancora oggi non so se ne correrò altre e il ricordo della fatica che ho gestito è piuttosto vivo. Tutto questo in gara ha pagato, ma solo in parte.
Ho gestito più di 32 km in perfetto orario, secondo programma e al passo stabilito. Mi sentivo abbastanza bene, mi sono ricordato di bere e di alimentarmi il giusto e chilometro dopo chilometro mi piaceva guardare il Garmin al polso comunicarmi tempi precisi al secondo: proprio quelli che volevo. Ma la Maratona non dura 32 km, ne dura di più. A Rimini c’è un lungo rettilineo proprio da lì in poi, da affrontare sotto il sole di mezzogiorno e con un po’ di vento addosso quando hai già speso le tue migliori energie per due ore e mezza. Non mi è stato possibile mantenere il passo e, pur senza problemi particolari, ho cominciato a rallentare. Mi sembrava comunque di correre come prima e le sensazioni erano simili, ma il cronometro non mente. A pochi minuti dall’arrivo mi sono reso conto che non solo non avrei migliorato il mio tempo finale, ma anche replicarlo non sarebbe stato semplice e ho dovuto impegnarmi al massimo per restare aggrappato all’idea di correre la seconda Maratona più veloce rispetto alla prima. Io volevo migliorarmi e avevo lavorato duro per questo.
Alla fine, ho tagliato il traguardo impiegandoci un minuto in più rispetto alla volta precedente. Niente miglioramento. Vogliamo dire che ho fallito il mio obiettivo? Forse sì, eppure…
Sono arrivato al termine contento lo stesso. Contento di come ho gestito la gara, del fatto di non avere mollato anche se ero esausto, di avere corso più di tre quarti di gara esattamente come programmato. Meno contento di non essermi allenato abbastanza per centrare il mio obiettivo, e non c’è altro alibi o spiegazione. Avrei dovuto prepararmi meglio. E’ accaduta una cosa giusta, che mi merito.
Che cosa mi dà comunque contentezza? Be’… non avrei potuto fare di più o meglio. Alla fine della Maratona correre mi era praticamente impossibile, le gambe non rispondevano ai miei comandi e i piedi non si alzavano più da terra. C’era poco altro da chiedere al mio corpo, anzi sono soddisfatto per essere riuscito a spremerne tutto ciò che aveva da dare.
Non ho quindi centrato il mio obiettivo, ma questo non mi impedisce di sentirmi sollevato e appagato. Quando dai tutto, ti puoi sentire così. Se invece hai anche solo il dubbio di esserti risparmiato, devi fare i conti con te stesso. Altra lezione preziosa e importante che farò attenzione a tenere bene a mente a lungo.
Vuoi sapere ancora una cosa a riguardo? In questo momento l’idea di rimettermi in pista a preparare la mia terza Maratona mi stuzzica poco. Ho altri progetti. Ma se c’è, in un angolo della mia mente, un piccolo seme di motivazione e di voglia di rifarlo, allora l’ho seminato proprio nella fertile terra del fallimento del mio obiettivo. Se tra qualche settimana riprendessi ad allenarmi proprio per una Maratona, so che tutto inizierebbe da qui, da quel fastidio che provo per non avere ottenuto ciò che era stato programmato, almeno non del tutto. E’ un pensiero che mi fa sorridere…
7. Sposta il limite con l’allenamento
Se ti dicessi oggi, adesso, di vestirti, scendere in strada e correre 30 km, lo faresti? Oppure ti sembrerebbe un’impresa fuori dalla tua portata?
Qualunque sia la tua risposta, sappi che lo era per me quando ho iniziato. Ho detto che amo la corsa, ed è vero. Forse sono anche predisposto per correre e ho un fisico che risponde bene a questo sport, meglio che ad altri. Ma qualche mese fa il pensiero di riuscire a correre 30 km mi sembrava un bel po’ oltre le mie attuali possibilità. Mi chiedevo come sarebbe stato possibile, che cosa sarebbe accaduto dopo tutta quella fatica.
Oggi, non ti posso promettere che correre 30 km sia una passeggiata, ma se mi viene in mente di farlo, scendo in strada e lo faccio, senza prepararmi troppo. Nella mia testa quella distanza è compatibile con le mie capacità, non la temo e so di poterlo fare, anche quando non perfettamente allenato. D’altra parte, ci sono ultramaratoneti che corrono 100 km o più in una gara sola, a volte anche con dislivelli incredibili. Non hanno niente di speciale a parte l’essersi allenati il giusto e il loro corpo è dotato come il mio e il tuo, ma la loro testa è diversa.
La loro testa ha un altro limite, è sintonizzata su un target diverso, e questo non è un dono di natura. Semplicemente, si sono preparati e hanno alzato l’asticella fino a quel punto. E’ stato un passaggio dinamico e progressivo da una capacità a un’altra, un po’ per volta, una sfida vinta per volta, una distanza raggiunta per volta.
Nessuna azienda fattura milioni il primo mese dalla fondazione. Nessuna relazione appena iniziata può durare una vita intera. Nessun calciatore gioca la sua miglior partita all’esordio. Nessun venditore fa il record di fatturato il primo giorno di lavoro.
E nessuno nasce in grado di correre 42 km.
Però tutto si impara. Allenati e sposterai i tuoi limiti. L’unico modo per riuscirci e andare loro incontro e non importa se le prime volte non ce la fai. Insisti, vinci quella sfida, alza l’asticella. Ripeti.
Fino alla prossima volta
Quelli che ho qui riportato sono le riflessioni che ho trovato più istruttive da quasi un anno a questa parte, dal momento in cui ho indossato le scarpe per cominciare a preparare la Maratona. Non c’è tutto e continuerò a riflettere e a pensare a quale sia il significato di ciò che accade durante il prepararsi e l’affrontare qualcosa che ritieni sfidante. E soprattutto, auguro a me stesso di essere ancora capace di imparare. Questo è il vero dono, questo è il senso di fare le cose.
Mi auguro che ciò che ho scritto ti sia utile e che tu voglia applicarlo da subito nella tua quotidianità. Basterebbe che lo facesse anche solo uno di voi e sentirei di avere dato il mio contributo.
Se sei arrivato fino a qui ti ringrazio, mi sono dilungato un po’… ma questo è tutto.
Almeno, fino alla prossima volta.

Sono specializzato in coaching e lo rendo facile: aiuto le persone a raggiungere e migliorare i risultati sportivi, lavorativi e personali. Curo e gestisco da oltre 15 anni diversi siti web dedicati al coaching e sono autore per Sperling & Kupfer.
Ho all’attivo più di 350 collaborazioni con sportivi, professionisti, aziende.
Sono specializzato in tecniche di allenamento mentale e appassionato di comunicazione efficace.