In questo periodo sto organizzando il lavoro dei prossimi mesi e selezionando i clienti migliori con cui collaborerò per ottimizzare le prestazioni e i risultati in ambito sportivo. Più passa il tempo più noto con grande piacere che ci sono atleti sempre più attenti all’importanza e al peso che una preparazione mentale corretta riveste all’interno di una competizione e, in senso più globale, nella loro carriera. Mi rendo anche conto che alcune discipline sportive hanno accolto a braccia aperte la figura del mental coach, cioè quel professionista che guida i singoli e i team a comunicare al meglio, gestire correttamente le problematiche che derivano dalla competizione, affrontare con fiducia e coraggio le sfide quotidiane e guadagnare la capacità di esprimersi al massimo in allenamento e in gara.
Credo che l’allenamento mentale sia applicabile ad ogni disciplina sportiva. Alcune, soprattutto quelle individuali, godono dei benefici maggiori, ma considerando che il risultato di squadra è la somma delle prestazioni dei singoli partecipanti, risulta evidente come il coaching sia utile anche (e forse a maggior ragione…) nei team. Sport come il calcio, il basket, il rugby possono trarre dal coaching ottimi benefici.
Come dicevo, in questo periodo incontro molti atleti che praticano tennis, ciclismo, nuoto, volley a livello medio-alto e con loro comincio percorsi di coaching strutturato che porta a miglioramenti significativi a breve e lungo termine, con grande soddisfazione reciproca. Ci sono, parallelamente, altre discipline in cui l’allenamento mentale ha ancora un ruolo confinato alla novità, e fa più fatica ad affermarsi. Lo sport nazionale in Italia è il calcio e vorrei prenderlo come esempio, trattandosi anche di una mia grande passione. Tra l’altro, ultimamente ho avuto modo di lavorare con atleti poco più che maggiorenni pronti al salto in prima squadra ottenendo ottimi risultati. In questo ambito e in alcuni casi, purtroppo, vige ancora la terrificante convinzione che una volta allenato il fisico, sistemata la tattica e creato un buon gruppo, il gioco è fatto. Si va in campo e si vince.
Errore strategico determinante! Ci sono almeno altri due fattori che sono assolutamente necessari affinché una squadra di calcio possa esprimere il proprio potenziale al massimo. Il primo, che rappresenta anche un’altra delle mie grandi passioni, ha a che fare con la comunicazione. Tutto ciò che gli allenatori e i preparatori, ma anche i medici, i dirigenti e persino i magazzinieri, comunicano agli atleti è in grado di influenzare la loro prestazione durante la gara. Non solo. Anche ciò che i componenti di un team comunicano tra loro ha implicazioni molto importanti nei confronti nella performance di tutta la squadra. Purtroppo, manca ancora la consapevolezza del peso di una comunicazione errata, insufficiente oppure imprecisa, proprio perché si danno poteri non meritati ad altri aspetti e l’abitudine porta a pensare che non occorra curare altro.
Quindi, vorrei provare a mia volta a fornire un contributo a tutti i dirigenti e allenatori che ogni giorno investono tempo, energie, impegno e speranze nel loro ruolo affinché la squadra di cui fanno parte o che gestiscono raggiunga l’obiettivo primario di ogni sport: vincere!
Allenare il fisico, la tecnica e la tattica è ovviamente necessario, ma è anche insufficiente!
Più in fretta verrà riconosciuto e sfruttato il ruolo determinante dell’allenamento e della preparazione mentale degli atleti e dello staff, più velocemente avremo risultati eccellenti e migliori degli attuali. Alcuni allenatori, anche di assoluto livello e grande esperienza, si cimentano – per restare in tema di comunicazione – in conferenze stampa agghiaccianti che non fanno altro che produrre pressione sugli atleti o sull’ambiente, generare sentimenti di dubbio e incertezza nei protagonisti delle competizioni e, in definitiva, peggiorarne le performance. Se alleni un gruppo di atleti e parli con loro ogni giorno, assicurati di saper comunicare efficacemente!
Ultimamente, l’allenatore di una celebre squadra di calcio, impegnata nella più prestigiosa competizione internazionale, alla vigilia dell’incontro più importante della stagione ha pensato bene di utilizzare modelli linguistici del tenore “la mia squadra non tradirà” oppure “non sono ancora stato esonerato”… il tutto condito con l’uso del tono di voce per sottolineare proprio gli atteggiamenti che non avrebbe voluto vedere in gara. Cioè, due modi splendidi per incasinare la testa degli atleti complicando loro l’impresa e dipingere scenari instabili nel futuro del proprio team.
Dettagli? Più o meno… i risultati ottenuti, di gran lunga inferiori alla attese, dicono l’esatto contrario. Se vogliamo possiamo continuare a pensare che sia un caso, oppure scegliere, la prossima volta, di impegnarci a comunicare meglio e le possibilità di vincere gli incontri saranno sicuramente maggiori.
Il secondo fattore mancante che è necessario a generare una prestazione di squadra eccellente consiste nella capacità dei singoli atleti di estraniarsi dal contesto in cui si esprimono e performare al massimo a prescindere da tutti i fattori non controllabili. Che cosa non può controllare un calciatore quando è in campo? Per esempio, non ha controllo sul clima, sull’atteggiamento del pubblico, sul comportamento degli avversarsi e del direttore di gara (fattori che si possono comunque influenzare), sulle scelte del proprio allenatore e dei propri compagni di squadra. Fino a che un atleta consente alla propria prestazione di dipendere da ciò che non può controllare, non sarà in grado di usare la mente come una leva vantaggiosa, ma ne ricaverà solo un limite. Il mental coach è in grado di insegnare metodologie e tecniche per raggiungere proprio quello stato di distacco emotivo dall’ambiente circostante che non solo smette di diventare un handicap, ma si trasforma in una propulsione per rendere ancora di più. La storia è piena di calciatori fisicamente perfetti, tecnicamente fortissimi e letali in gara… finché giocano partite minori tra le mura di casa. Ma non appena si esce dai confini di ciò che è abituale e confortevole oppure sale il livello della posta in palio, il rendimento in campo crolla. Che cosa fa la differenza?
La verità è che la testa nello sport c’entra, e in modo molto importante. Alcuni se ne sono accorti, si allenano e hanno risultati. Altri saranno costretti a rivalutare aspetti che ora trascurano se non vogliono lasciare agli avversari un vantaggio in termini competitivi difficile da colmare.
Parallelamente, è importante anche sottolineare che l’opposto di questo ragionamento è allo stesso modo errato: naturalmente, un atleta dalla psicologia solida, in possesso di un’ottima gestione del proprio stato d’animo e del controllo delle emozioni, in grado di esprimersi mentalmente al meglio in gara… non sarà in grado di dare il massimo se si è allenato male, è reduce o in prossimità di un infortunio oppure più semplicemente non ha mezzi tecnici adatti al livello della competizione in cui si cimenta. Tuttavia, è ampiamente probabile che faccia meglio di un altro atleta in condizioni simili che però non ha neppure allenato la mente affinché sia alleata invece che avversaria.
Sono specializzato in coaching e lo rendo facile: aiuto le persone a raggiungere e migliorare i risultati sportivi, lavorativi e personali. Curo e gestisco da oltre 15 anni diversi siti web dedicati al coaching e sono autore per Sperling & Kupfer.
Ho all’attivo più di 350 collaborazioni con sportivi, professionisti, aziende.
Sono specializzato in tecniche di allenamento mentale e appassionato di comunicazione efficace.
4 Responses
Condivido pienamente quello che dici.
Ho una figlia di 15 anni che gioca a tennis ,e ti confermo che il mental coach è una figura determinante come chi ti insegna la tecnica.
Purtroppo oggi nei circoli manca questa figura,vuoi per formazione culturale ma anche economica.
Ciao Stefano,
il tennis è probabilmente uno degli ambiti in cui il coaching ha fortunatamente preso più piede. E’ vero, come dici tu, che manca un po’ di cultura della preparazione mentale, ma seguo personalmente alcuni tennisti e devo dirti che la disciplina apprezza e stima il coaching.
Insomma… ci sono altri sport in cui va peggio! 🙂
Credo che sia compito dei coach aiutare i professionisti e i team a capire l’importanza della preparazione mentale, perché come da te giustamente sottolineato, non accade automaticamente.
Spero presto di poter aggiungere un “per ora” alla mia constatazione.
Grazie e a presto.
Ottimo… Non conosco la materia, sarebbe da approfondire… ottimo spunto di lavoro.
E’ vero ciò che dici, mi è capitato di lavora in un staff, riguardo altro ambito ma dove richiede molto lavoro mentale per riuscire bene nel suo complesso, riguardo soprattutto la comunicazione, parlo dell’animazione, è solo un esempio, forse banale, che voglio dare, riguardo ad una mia esperienza. Un lavoro dove devi trasmettere il sorriso, il divertimento, il far stare bene le persone, intrattenerle con spettacoli di qualità e fatti con entusiasmo, vuol dire, che dietro le quinte deve esserci un clima positivo, forte e vissuto di belle emozioni. E’ importante secondo me, il sostegno da parte di tutto lo staff a stimolare ogni singolo individuo a fare il meglio con entusiasmo non demoralizzando o sminuendo quando si sbaglia in qualcosa, ma capire perché, come evitare che possa accadere. Io avevo la figura della cantante, ma ho smesso di essere entusiasta quando si pretende di sorridere nel momento in cui puoi ricevere solo stress e richiami per ogni singolo errore. Si, ho compreso che anche in questo campo, c’è poca organizzazione, dove andrebbe valorizzato il benessere mentale, come in ogni campo, per una ottima riuscita di una lavoro fatto in squadra, ed alla fine ho mollato, perché ritenevo che fosse una sfida che portava solo a farmi perdere la qualità del mio talento, ed io punto su sfide valide.
Grazie del tuo articolo, come sempre…. !